DURATA

Circa 20 minuti

FORMATO

Sondaggio + Testo

Gli obiettivi di questo modulo

Riconoscere e identificare le idee preconcette sulla migrazione e sfatare i principali pregiudizi

Sviluppare un approccio critico basato sulla comprensione di diversi dati e studi sulla migrazione 

Di cosa si tratta

Attraverso questo modulo potrai migliorare la tua conoscenza e comprensione dei numeri, delle statistiche e dei dati relativi alla migrazione e sarai in grado di analizzare criticamente tali dati. Comprendendo il significato e le relazioni, potrai identificare i malintesi sulla migrazione e ottenere un approccio più globale alla comprensione della migrazione.

A sinistra troverai un sondaggio basato su brevi domande. Dopo ogni domanda potrai vedere cosa hanno votato gli altri (in %). Per consentire questa raccolta, inserisci un nickname/alias quando richiesto. Può essere qualsiasi nickname o numero, non è necessario che sia il tuo vero nome.

Dopo ogni domanda potrai cercare la risposta e ulteriori informazioni sulla destra. Per ulteriori informazioni sulla fonte, consulta questa pagina. 

Per iniziare, rispondi alla prima domanda a sinistra. Una volta visualizzati i risultati, puoi cliccare qui a destra e vedere ulteriori informazioni relative alla risposta.

Le domande non vengono valutate o testate in alcun modo e sono strutturate come domande di un sondaggio. In questo modo potrai vedere cosa hanno votato tutti quelli che hanno partecipato prima di te (senza che vengano condivisi nomi o informazioni personali). 

Buono studio!

Negli ultimi decenni il numero di migranti è aumentato?

Questa frase ha poco significato se non si ha un punto di riferimento. Si contano i numeri assoluti? O le percentuali? Come si contano i migranti? C’è qualcuno che sta al confine a tenerne traccia?

Contare i migranti

Sebbene sia possibile trovare una definizione comune di migranti (vedi modulo precedente), esistono vari modi per contarli. Ecco alcuni esempi:

  • Indagini sulla popolazione
  • Visti e permessi di soggiorno
  • Registrazioni (immigrazione ed emigrazione)
  • Raccolta dati alle frontiere (ad es. Eurodac)
  • Big data (ad esempio, social network)

Tutte queste fonti presentano vantaggi e svantaggi: alcune sono più precise di altre, alcune forniscono informazioni sulle cause e sulle conseguenze della migrazione, altre si limitano a fornire dati numerici.

Aumento o diminuzione?

Il primo anno per cui esistono fonti affidabili sui numeri della migrazione utilizzati oggi come punto di riferimento è il 1970. Da allora la migrazione è stata conteggiata e numerata con maggiore frequenza. Quando si parla di numeri della migrazione, si tende a concentrarsi sui numeri assoluti – 281 milioni di migranti internazionali nel 2020 – e si nota che il numero è aumentato dal 1970. Tuttavia, se ci concentriamo sull’evoluzione della percentuale di migranti rispetto alla popolazione mondiale (anch’essa aumentata), le cifre sono piuttosto stabili. I migranti rappresentano il 3,5% della popolazione mondiale attuale. Ciò significa che il 96,5% della popolazione vive nel paese in cui è nato.

Pertanto, la risposta a questa domanda dipende esclusivamente dal fatto che si considerino i numeri assoluti, le percentuali e il modo specifico in cui si contano i migranti.

Sono più le donne o gli uomini a migrare?

La risposta semplice è: Nel 2020, abbiamo registrato 281 milioni di migranti (3.5% della popolazione mondiale) e il 48.1% erano donne.

Prospettiva storica

Per molto tempo, fino alla metà degli anni ’90, emigravano soprattutto gli uomini, poiché le migrazioni erano principalmente dovute a esigenze di manodopera (legate alla ricostruzione postbellica, ecc.). A partire dagli anni ’90, la popolazione immigrata ha cominciato a femminilizzarsi, inizialmente come risultato del ricongiungimento familiare.

La proporzione di donne migranti è cambiata poco negli ultimi decenni. Tuttavia, oggi più donne emigrano in modo indipendente per lavorare, studiare o come capofamiglia.

Percezione pubblica

Nella nostra mente tendiamo ad associare la migrazione agli uomini. Ciò è dovuto in gran parte al modo in cui i media la rappresentano: molto spesso, le rotte migratorie che ricevono maggiore copertura mediatica sono quelle percorse prevalentemente da uomini.

Nei paesi europei, per esempio, la rotta del Mediterraneo centrale è molto presente nei media, dove negli ultimi anni la maggior parte dei migranti che viaggiano in barca sono stati uomini.

Questa invisibilizzazione delle donne in relazione alla migrazione è anche utilizzata da coloro che si oppongono all’accoglienza degli immigrati per alimentare le paure e limitare l’empatia. In questo modo, cercano di aumentare la paura di questa immagine fantastica di un’orda di uomini che assalta l’Europa…

I principali flussi migratori vanno dal Sud (Paesi in via di sviluppo) al Nord (Paesi “sviluppati”)?

Quando si classificano le tipologie di migrazioni come Nord verso Nord (cioè da un Paese ricco a un Paese ricco), Sud verso Nord, Nord verso Sud e Sud verso Sud, è possibile notare come la percentuale più alta di flussi migratori è quella che va da Sud verso Sud. Le migrazioni da Sud verso Nord rappresentano solo il 35% dei flussi migratori sebbene questo tipo di flussi sia quello maggiormente dibattuto e presente nei media.

Familiarità

 Per quanto riguarda l’asilo, possiamo notare come la maggior parte dei rifugiati fugge verso Paesi vicini e solo un Paese europeo (la Germania) è tra i primi 5 Paesi per numero di rifugiati accolti. Appare piuttosto logico che la maggior parte dei migranti andranno, soprattutto in caso di asilo, in un Paese vicino dove avranno legami storici e culturali.

Percezione vs realtà

Nel dibattito in Europa, solitamente il focus si concentra sui flussi migratori diretti dall’Africa all’Europa. Occorre tenere a mente che l’80% delle migrazioni che interessano l’Africa si verificano all’interno del continente africano. In fin dei conti le persone provenienti dall’Africa non emigrano molto. Rappresentano il 16% della popolazione mondiale, ma solo il 14% della popolazione migrante a livello mondiale (40 milioni di persone). Il rapporto tra la percentuale di africani migranti e la popolazione del continente africano è rimasta generalmente costante nel corso degli ultimi 30 anni (intorno al 3%). Se guardiamo meglio al numero di africani presenti in Europa, questi rappresentano solo il 2% della popolazione europea. Allo stesso modo, è importante ricordare che molti flussi migratori si verificano da un Paese europeo a un altro, e questi flussi rappresentano il 35,2% dei flussi migratori in Europa.

Se ci fosse meno povertà, ci sarebbero meno migrazioni?

La povertà non è la principale causa di migrazione

Altre determinanti
  • Studio, formazione può indicare il desiderio di proseguire gli studi, di partire per una formazione professionale o qualificante.
  • Rete economica e sociale può indicare il desiderio di prospettive socio-economiche migliori (un’occupazione dignitosa, miglioramento della qualità della vita), cura e supporto per le necessità della famiglia rimasta nel Paese.
  • La vita familiare, come i matrimoni o il ricongiungimento familiare, può incoraggiare le persone a partire.
  • La politica, l’instabilità, la dittatura possono essere motivi per fuggire dal proprio paese e richiedere asilo e protezione internazionale (mancato rispetto dei diritti, minacce fisiche, persecuzioni contro LGBTQIA+).
  • Ambiente: spostarsi da un disastro ambientale o dal rischio legato alla natura geografica del territorio o al cambiamento climatico.
  • Cultura/ emancipazione/ identità: emancipazione culturale, costruzione dell’identità, curiosità, desiderio dell’altro, di incontrare nuove persone e fare nuove scoperte.

Migrare è anche costoso. Sono soprattutto le élite cosmopolite ad avere il privilegio di migrare, “intellettuali”, lavoratori altamente qualificati. Se sono meno visibili è soprattutto perché sono chiamati principalmente “espatriati” non “migranti”. Nel caso di migrazioni forzate, non sono neanche le persone più povere a migrare. Migrare è costoso, nel caso di guerre, disastri naturali o crisi economiche, sono soprattutto le classi medie ad avere i mezzi per emigrare e richiedere asilo in un altro Paese. Le persone più povere non hanno questa possibilità che permetterebbe loro di usare la migrazione come una strategia di adattamento. Le persone hanno inoltre un’immagine del migrante come povero poiché sono le restrizioni al confine stesse a porre i migranti in una situazione di vulnerabilità e quindi di povertà. Molti rifugiati che vivevano in buone condizioni socio-economiche nel loro Paese, finiscono per strada o in scarsissime condizioni materiali quando arrivano nel Paese di asilo o nella sua traiettoria.

Se l’Europa aprisse i suoi confini esterni, questo causerebbe un’ondata migratoria senza precedenti?

Innanzitutto, fai attenzione al vocabolario che viene usato per parlare di migrazione, in particolar modo al campo lessicale relativo all’idraulica: “blocco”, “flusso”, “straripare”; questo processo lessicale deumanizza e dà la falsa impressione di un attacco ‘alieno’. Aiuta inoltre a giustificare il concetto errato di “grande sostituzione”. Soprattutto, ci scordiamo che la maggior parte delle migrazioni sono migrazioni legali e rispondono a dei principi fondamentali (come il diritto di vivere con la famiglia) o a dei trattati internazionali (come il diritto di asilo, la libertà di movimento degli Europei o i diritti del bambino).

Chiusura

Chiudere i confini è, nel migliore dei casi un’illusione, nel peggiore una menzogna elettorale pensata per far credere alle persone che i mali sociali ed economici dipendono dagli stranieri e che, di conseguenza, impedire a tutte le persone straniere di entrare nel Paese risolverà magicamente la crisi economica e la disoccupazione di massa. Ci sono inoltre degli esempi che mostrano come la chiusura dei confini non previene gli arrivi, e che l’apertura, al contrario, non porta ad arrivi di massa. Nonostante la costruzione di un muro al confine tra Stati Uniti e Messico, i migranti messicani continuano comunque ad attraversare il confine a loro rischio, e finiscono per stabilirsi negli Stati Uniti con la propria famiglia. 

Al contrario, quando l’Unione europea si è aperta ai Paesi dell’Europa orientale (aprendo quindi il confine tra Europa orientale ed Europa occidentale), ci aspettavamo una grande migrazione degli Europei dell’Est verso Ovest. Alla fine questa migrazione fu molto più modesta e ridotta di quanto atteso.

Allo stesso modo, si potrebbe sostenere che chiudere i confini incoraggi le persone a rimanere all’interno del Paese che sono riusciti a raggiungere, mentre aprirli incoraggerebbe una maggiore fluidità grazie ai flussi di andata e di ritorno dai Paesi di origine. Sicuramente, l’apertura, persino l’apertura relativa, tende a far assestare i migranti in movimenti migratori e in un dinamismo economico, mentre la chiusura li fa stabilire nei Paesi di accoglienza e nella precarietà. Le persone vengono a lavorare, ad avere una relazione romantica, a scoprire il mondo, a studiare o per lasciare il loro Paese ma nel momento in cui la situazione nel loro Paese migliora, è probabile che tornino nel loro Paese di origine.

La migrazione rappresenta un peso o un’opportunità per il Paese di accoglienza?

Assunto: la migrazione è un fattore di ’indebolimento economico, sociale e culturale del Paese ospitante.

Motivazioni

Questa logica si basa sulle motivazioni attribuite ai migranti: lascerebbero il loro Paese per beneficiare di generosi sistemi di previdenza sociale (disoccupazione, pensione, assicurazione sanitaria, etc.), accetterebbero lavori che non richiedono necessariamente delle qualifiche, e quindi eserciterebbero una pressione al ribasso sui salari. Di conseguenza, sarebbero le persone più povere (la disgrazia del mondo) a migrare. Ma per migrare, come abbiamo detto in precedenza, c’è bisogno di risorse, di capitale economico, sociale e culturale; tutto ciò suggerisce che i nostri sistemi di solidarietà potrebbero sparire sotto il peso dell’immigrazione, e giustifica la chiusura dei confini a vantaggio di una immigrazione selettiva. 

Impatto dell’immigrazione

Molti economisti hanno studiato la questione. Mentre nel breve termine, l’immigrazione ha un impatto debole sull’economia, nel medio e lungo termine produce degli effetti positivi. Inoltre, creando nuove esigenze abitative e producendo consumo, gli immigrati aumentano la richiesta e quindi l’offerta di lavoro. L’economia non è una torta di dimensioni prestabilite da spartire, dove quello che prendono alcuni è alle spese di altri (Jean Tirole, Nobel Prize in Economics 2014). Al contrario, l’arrivo di nuovi immigrati ed immigrate contribuisce esattamente ad aumentare la dimensione della torta. I migranti ampliano la dimensione dell’economia, portando nuovi consumatori, produttori, collaboratori, contribuenti…è vero che generalmente sono pagati meno rispetto agli altri, ma si collocano nell’età lavorativa, quindi il bilancio è positivo o neutro (non sono costati al sistema educativo nazionale, per esempio, perché sono andati a scuola altrove).


Mentre come cittadini e cittadine, hanno il diritto all’assistenza e ai servizi pubblici (a condizione che siano legalmente residenti nella maggioranza dei casi), è opportuno ricordare che contribuiscono al bilancio dello Stato, pagando le tasse e i contributi previdenziali, allo stesso modo dei cittadini. Inoltre, per quanto sorprendente e ingiusto possa sembrare, anche i migranti senza documenti pagano molti di questi contributi, anche se sono costretti a vivere e lavorare illegamente, e gli viene negato l’accesso a molti diritti, soprattutto quelli sociali.

L’emigrazione rappresenta un peso o un’opportunità per il Paese di origine?

Un primo dato da tenere a mente è quello dei trasferimenti di denaro compiuti dai migranti. Aumentano in continuazione. Secondo la Banca Mondiale, nel 1970, ammontavano a 6 miliardi di dollari mentre oggi ammontano a 860 miliardi di dollari (che è tre volte superiore al finanziamento dell’APS)

Uso dei fondi

Questi fondi sono decisivi per il miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie migranti e più in generale per lo sviluppo locale. Questi rappresentano:

  • Risorse per le famiglie
  • Compensazione degli squilibri nella bilancia commerciale (rapporto import/export)
  • Sviluppo di progetti nelle zone di origine
  • Partecipazione all’economia locale
  • Metodologia di cooperazione privilegiata con i Paesi di origine, in particolar modo per le persone meno qualificate 

Questi trasferimenti di fondi sono essenziali in quanto complementari all’aiuto pubblico allo sviluppo (APS), che utilizza la cooperazione allo sviluppo come strumento di politica estera (es. usati per firmare contratti vantaggiosi per le compagnie nei Paesi industrializzati). L’85% della cooperazione allo sviluppo viene erogato direttamente ai governi, il 14% alle organizzazioni nei Paesi finanziatori e solo lo 0.8% alle organizzazioni, associazioni e autorità locali, che sono i veri soggetti dello sviluppo.

Aspetti vari

Una ulteriore questione da tenere in considerazione è l’esperienza professionale e personale maturata a livello internazionale nel caso di una migrazione di ritorno. Ciò rende i migranti protagonisti dello sviluppo economico del loro Paese di origine, anche attraverso azioni imprenditoriali promosse al ritorno nel paese di origine.

I migranti hanno anche una forte propensione a creare proprie imprese grazie ai risparmi accumulati all’estero.

Sul lungo periodo, l’emigrazione può avere degli effetti positivi, dal momento che anche le seconde generazioni hanno un ruolo da giocare. “Oggi, alcuni giovani di origini immigrate (seconda generazione) contribuiscono allo sviluppo del Paese d’origine dei loro genitori. Alcuni di questi giovani probabilmente non sarebbero mai andati a scuola se i loro genitori non fossero emigrati” – Mamadou Ba, CADERKAF vice segretario per le relazioni esterne, la cooperazione internazionale, l’immigrazione e il co-dvpt.

Modulo 3: Storia della migrazione

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